La nostra dignità non è in vendita

 

Sono state spese e si spenderanno tante parole sulla gara di ieri sera. Una partita il cui esito finale è stato totalmente condizionato scientificamente da una direzione di gara sulla falsa riga delle tante, troppe subite dall’Inter in questa disgraziata stagione. Nei limiti del possibile cercheremo di dare una panoramica tattica del match, pur sapendo che è esercizio difficile e a tratti pretestuoso.

L’Inter di Stramaccioni orfana di Palacio si schiera col 3-5-1-1 con Handanovic; Ranocchia, Samuel, Juan Jesus; Zanetti, Guarin, Kovacic, Cambiasso, Pereira; Cassano; Rocchi;

Schieramento speculare, sulla lavagna, a quello bergamasco che accentra Bonaventura dietro l’unica punta Denis inserendo Scaloni sulla linea dei 3 centrali e preferendo Raimondi a Giorgi come fluidificante. Del Grosso dall’altro lato completa la batteria degli esterni. Ritorna Cigarini in cabina di regia e i 2 interditori Carmona e Biondini a fare legna.

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I nerazzurri non partono male, ma i problemi del primo tempo sono quelli di sempre.

Cambiasso e Guarin, dispensati da vincoli tattici e di eccessiva copertura hanno il compito di infilarsi dietro la linea a 3 della mediana orobica con Kovacic a fare da regista e Cassano che si abbassa molto per farsi dare palla catalizzando tutte le azioni interiste. La squadra evidenzia l’incapacità ad allargare il gioco, i 2 fluidificanti si propongono poco e male, e oltre a mancare la profondità difetta anche l’ampiezza. In questo mix tutto il peso del gioco neroazzurro è sulle spalle di Kovacic, costantemente cercato, e Cassano fin quando non si infortuna.

Antonio, fin all’infortunio poco produttivo, lascia il campo ad Alvarez, mentre Kovacic, con le sue incursioni, crea gli unici imbarazzi alla retroguardia di Colantuono andando via in progressione e alzando il ritmo spezzando la staticità e l’andamento narcotico del giro palla.

Difensivamente, a turno uno dei 3 centrali aveva il compito di prendere alto Bonaventura, consci dei problemi di Mateo a prendere in consegna il talentuoso marchigiano e di seguirne gli inserimenti e il suo moto lungo tutto il fronte offensivo. L’aiuto portato sull’esterno da Juan Jesus e Ranocchia rispettivamente per Pereira e Zanetti tendeva a limitare l’ampiezza bergamasca, mentre a turno rimanevano 2 centrali ad occuparsi di Denis. Centralmente, le caratteristiche di Biondini e Carmona permettevano una certa libertà per Cambiasso e Guarin. L’argentino però è crollato presto, il colombiano ha confermato il momento di scarsa lucidità sia in fase offensiva che difensiva, il cui compito era di prendere in consegna Cigarini.

L’Atalanta cerca sempre di allargare il gioco partendo dai piedi di Cigarini. Gli scambi centrali con Bonaventura hanno il solo scopo di aprire le maglie della nostra difesa per cercare un inserimento lungo di Del Grosso o di Raimondi per arrivare sul fondo e cercare Denis o l’inserimento a rimorchio del talentuoso numero 10 bergamasco.

In fase difensiva il primo pressing viene portato su Kovacic, a turno da Bonaventura o da Cigarini che si stacca in pressing alto, ma senza benefici reali.

Con l’ingresso di Ricky che si allarga sulla destra, Guarin e Cambiasso alzano il loro raggio d’azione cercando di sfruttare lo spazio alle spalle della mediana a 3, ma questo avverrà poche volte, troppo poche.

Questo atteggiamento più offensivo lascia troppo isolato Kovacic dietro, ma non soffriamo mai le loro ripartenze. L’Atalanta è messa dietro e soffre la presenza più costante di uomini neroazzurri sulla loro trequarti.

Nel secondo tempo basta un cambio per far ribaltare il banco. E’ sufficiente che Colantuono inserisca una seconda punta che affianchi Denis (l’ex Livaja) per far diventare ciò che era stato un nostro punto di forza (la presenza sulla trequarti difensiva bergamasca), un punto debole. L’abilità della seconda punta croata ad allargare le maglie della difesa interista, ad attirare a sé le attenzioni di uno dei 3 centrali e a volte di un fluidificante, permette a Denis di avere maggior spazio e a Bonaventura di inserirsi. Si creano degli uno contro uno con il sostegno delle avanzate di Raimondi e Del Grosso sulle fasce che ora si alzano molto. Non è un caso che proprio da Livaja nasca l’assist del primo goal, sfruttando gli scarsi automatismi della fascia mancina Juan Jesus-Pereira, l’eccessiva vicinanza tra Samuel e Ranocchia e la mancata diagonale di Zanetti su Bonaventura, ultimo di una serie di errori macroscopica.

SOCCER: SERIE A; INTER MILAN-ATALANTA

L’assenza del nostro centrocampo in fase difensiva è palese. Cambiasso e Guarin non sono presenti e vengono facilmente tagliati fuori dal palleggio bergamasco.

Proprio in questo momento è chi non ti aspetti a prendere in mano l’Inter rispondendo ai fischi e alle solite becere critiche dei loggionisti di San Siro. Alvarez sigla una doppietta portandoci sul 3 a 1.

Dal rigore inventato da Gervasoni in poi non c’è più nulla che valga la pena commentare.

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Chi ha giocato a calcio e non, sa che la componente psicologica è fondamentale. La mente ha un potere condizionante immenso sul nostro corpo, sulle nostre motivazioni. Se l’Inter un tempo è stata più forte di tutto questo oramai non lo è più e basta poco per farla cadere.
Stramaccioni ha le sue colpe nella gestione dei minuti e dei cambi successivi al rigore inventato da mr. Gervasoni, mostrando ancora di più i suoi limiti, ma è la Società Inter che è stata colpita, il suo lassismo, la sua indolenza, il suo silenzio.
Non ci sono soluzioni a tutto questo, nemmeno un cambio di allenatore che sarebbe comunque “quel qualcosa di nuovo che ti trovi alzandoti la mattina” (semi cit.). L’unica è farsi sentire nelle sedi opportune e con i modi opportuni, ma non questa dirigenza, non questa proprietà da sasso lanciato e poi ritrattato a una notte di distanza. L’Inter si presta ad essere sbeffeggiata, violentata, irrisa e chi dovrebbe garantire che questo non avvenga è il primo responsabile, il primo garante di questo scempio. Nessuno sa cosa si celi dietro, nessuno conosce le dinamiche degli interessi che stanno dietro lo spettacolo calcio. Quel che è certo è che il tifoso interista non merita la presa in giro che viene perpetrata fin troppo chiaramente ai nostri danni ogni finesettimana. E’ impossibile che l’Inter, pur con tutti i suoi problemi strutturali, di manovra, di identità, non abbia creato un episodio, UNO, passibile da calcio di rigore dal 3 novembre! Chi può garantire un cambio di rotta e di politica che lo faccia, altrimenti può tranquillamente farsi da parte. Con la nostra riconoscenza, i nostri auguri. La nostra dignità, però, non è in vendita.

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About Francesco Lo Fria

Nato a Palermo nel 1990, inizia fin da piccolo a seguire il calcio, nazionale e internazionale. Credente dell'Inter e tifoso/simpatizzante di molte squadre a livello mondiale viene affascinato fin da subito dalla preparazione tecnico-tattica delle partite e tutto ciò che sta al di là dei 90 minuti. Inizia, quindi, a studiare e documentarsi, ampliando le sue conoscenze calcistiche. Specializzato in particolar modo sulla fase offensiva e grande conoscitore di giocatori e giovani promesse, comincia a scrivere su qualche blog, sempre in ambiti ristretti, con qualche breve apparizione su blog più importanti. Il suo sogno è quello di poter condividere le sue capacità e conoscenze e poter parlare di questo fantastico sport che è il calcio, tanto meglio se di Inter nel tentativo di potersi ritagliare uno spazio e un lavoro.