Le amnesie del direttore smemorato. Moratti II: indeciso o incoerente? Mazzarri e il machismo herreriano.

 

E così, dopo due anni di attese e promesse non mantenute, finalmente il direttorissimo Branca, allergico alla stampa ed alle tv, si presta (udite, udite) alle domande che milioni di interisti d’Italia e del mondo anelavano porgli sin dall’indomani del triplete.
Avviso per tutti i naviganti: niente bagni di umiltà né clima da resa dei conti. Non sarebbe nello stile del personaggio. Un Richelieu azzimato ed impeccabile nei suoi completi firmati da migliaia di euro non ammetterà mai sbagli né esporrà volontariamente il capo alla gogna mediatica a cui molti spunti ha fornito nella sua cervellotica gestione dell’Inter recente.
Aveva promesso di rispondere alle domande dei giornalisti alla fine della scorsa stagione. Dodici mesi dopo decide volontariamente di oblare la pena davanti al taccuino amico (anche molto amico) di Fabrizio Biasin, responsabile sport del quotidiano Libero, un uccellino sempre molto ben informato su quel che succede (dentro) e fuori dall’Inter.
Le domande, apparentemente dirette e ficcanti, sembrano in realtà frutto di un concordato mediato. Sempre coerente col suo stile “low profile” il direttore pone il focus su alcuni punti essenziali: l’obbligo calato dall’alto di ridurre il monte ingaggi senza alterare la competitività della squadra. Al rilievo che il risanamento sia passato attraverso un crollo clamoroso della competitività risponde recitando il vangelo arcinoto di Platini su quel FPF che nell’Europa pallonara sembrano seguire solo due persone: Massimo e Moratti, entrambi coincidenti nella persona del padre padrone interista.
Da qui in poi un circostanziato ed accurato elogio autoreferenziale della sua gestione pre e post Triplete. Gli affari Julio Cesar (anche se fu Mancini a caldeggiarne l’acquisto), Vieira e Ibra (nessuna menzione per Oriali), Milito, Motta e quelli più recenti di Handanovic, Palacio, Kovacic e Guarin. Tanta roba, niente da dire. Ma qui emergono le pecche del buon Biasin: perché non ricordare allo smemorato direttore anche i “colpi” onerosi sul bilancio e disastrosi in termini di rendimento di Pereira, Mudingayi, Alvarez, Gargano, Ranocchia, Forlan, Zarate, Jonathan, Silvestre, Kuzmanovic e non ultimo Schelotto?
Pardon, di Schelotto parla: fu Strama a insistere per averlo. Sacrificando quel Livaja che avrebbe fatto molto comodo. Ma non lo dice esplicitamente: anche il genio merita la sua ricompensa. Non si conserva facilmente una simile poltrona senza essere capace di scansare buche e critiche lungo il percorso. Siete rimasti soddisfatti?
E’ un bel direttore!” (cit).

Massimo, dove eravamo rimasti? Prima si cede ai cinesi nell’estate scorsa: quelli che portano il grano e le competenze per costruire il nuovo stadio. Che è indispensabile per azzerare il gap con le altre big d’Europa. Poi i cinesi sprofondano nelle paludi della loro burocrazia. Interviene Lazard che dal mazzo dei pretendenti fa spuntare Thohir che prova a prendersi tutto il cucuzzaro. Thohir ha i soldi ed è serio. Anzi, no. “Si sono dette un sacco di sciocchezze e le cifre non sono vere. E poi potrebbero esserci dei ritorni di fiamma sopiti (i cinesi). Lo stadio? C’è un bel progetto su San Siro, che può diventare bellissimo e portare un ritorno economico. Non c’è un bisogno immediato del nuovo stadio“.
Se Branca è Richelieu, Moratti II quanto a pensiero ondivago e indeterminato farebbe concorrenza a Machiavelli. Tutto e il contrario di tutto nell’arco di dodici mesi. La strategia dei doppi sensi e delle frasi ad effetto organiche ad una strategia precisa e mirata? Forse l’intenzione di cedere un 30 % ciascuno ai cinesi e Thohir consentendogli di avere due soci munifici e di mantenere (al 40%) la maggioranza delle azioni? Sarebbe uno straordinario colpo da maestro davanti al quale tutti dovremmo inchinarci. Ma poi ripensi al Moratti degli ultimi vent’anni. Generosissimo, approssimativo e non esattamente un tempio di scaltrezza e lungimiranza di cui spesso nemici ed avversari si sono fatti beffe. Qualche dubbio allora rimane.

Benvenuto mister Mazzarri. Determinato, sobrio, sicuro di sé. Risposte chiare e concetti elementari. Lavoro, sudore, tanta corsa e tattica. E la sicumera tipica di chi sa il fatto suo. Fare bene e meglio un imperativo che il Walter nerazzurro riuscirà a rispettare. Con l’augurio che le sue certezze ed il suo bagaglio di convinzioni non si sciolgano al sole di un mercato imperniato sul “cedere per comprare” e sugli scambi: un strategia, questa, negli ultimi anni poco redditizia in termini di competitività e risultati. Organizzazione, gruppo e valorizzazione del non eccelso parco giocatori a disposizione gli ingredienti per fare bene. Insieme a un po’ di quella buona sorte tanto mancata nel recente passato. Ne avrà un gran bisogno lui. E pure tutti noi tifosi. Buona fortuna Mister.

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