Quello che doveva essere e non è stato

 

E’ successo rare volte, ahimè, dall’apertura di questo spazio sul web, di avere l’opportunità di scrivere di una buona prestazione dell’Inter.
I nerazzurri, infatti, hanno disputato una gara gagliarda, con cuore, testa e la giusta voglia e abnegazione, facendo sudare freddo il Tottenham ed evidenziandone lacune e punti deboli.
Quegli stessi difetti che noi, come redazione, avevamo precedentemente evidenziato sottolineando come fosse possibile far male alla squadra di Villas-Boas, pur con individualità più deboli e un momento psico-fisico diametralmente opposto a quello dei nostri avversari.

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La partita di ieri ha mostrato alcune liete novità.
Quella che ha colpito maggiormente l’attenzione è stato un ritrovato approccio al match, non affatto scontato se pensiamo alle rinnovate dichiarazioni presidenziali a proposito di un terzo posto inteso come priorità assoluta e imprescindibile. Figuriamoci con un passivo da recuperare così pesante sul groppone.

Il nostro 4-3-3 camaleontico con Kovacic riproposto da vertice basso della mediana ha creato molte difficoltà al Tottenham. Mateo ha finalmente potuto esprimere le sue eccellenti doti in fase di impostazione coadiuvato ai fianchi da un Cambiasso in serata positiva e con la mai smarrita intelligenza tattica e un Gargano che, dispensato finalmente da compiti inadatti al suo bagaglio tecnico, ha messo i soliti polmoni a servizio della squadra.
Nei 3 davanti, Cassano aveva il solito compito di collante, Palacio pungeva in profondità la retroguardia Spurs, mentre Guarin mostrava ancora il suo periodo di appannamento non agevolato dalla posizione ricoperta in campo.

Le carte vincenti di questa partita ce le siamo giocate bene, anche coadiuvati da convinzioni pervicaci di Villas-Boas. Ci siamo dimostrati intelligenti, furbi a tratti, non riuscendo però a capitalizzare quanto avremmo potuto.
La costante ricerca della verticalizzazione per sfruttare la loro ossessiva ricerca dell’offside ha mostrato tutti i loro limiti difensivi mettendo in grave imbarazzo la loro fase difensiva.
Ed è pressoché impossibile che il gusto amaro dell’eliminazione non cresca d’intensità al pensiero della gara d’andata in cui, nonostante una presenza passiva in campo, riuscimmo a creare 2 limpide palle goal proprio sfruttando questo loro limite, senza però concretizzarne alcuna.

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Il nostro atteggiamento iniziale li ha sorpresi. Gli Spurs sembravano 11 gitanti a un picnic, forse sicuri di trovare una squadra col morale sotto i tacchi o senza alcuna velleità di recuperare il risultato, una pratica da chiudere velocemente.

Il loro atteggiamento ci ha agevolato. L’11 ospite è sembrato peccare di supponenza, con le scelte di Villas-Boas che non hanno aiutato.
Non mi aspettavo niente di diverso dal portoghese, ma ha dimostrato, ancora una volta, che non è mai disposto a scendere a compromessi da un punto di vista squisitamente mentale.
L’adozione di un più quadrato 4-4-2 senza esterni di centrocampo pur mantenendo una linea difensiva così alta ha inevitabilmente esposto gli Spurs a contrattacchi pericolosi e, complessivamente, a una figuraccia. La filosofia lusitana del possesso palla era ben evidente, ma è stata spesso sterile e messa in grave difficoltà dal nostro pressing non trascendentale.
Sicuramente l’impegno è stato sottovalutato e preso sotto gamba e la prestazione dei londinesi non può essere ascritta solamente all’assenza di Gareth Bale per squalifica.

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Nonostante la buona prestazione, ci sono alcuni punti che andrebbero rivisti:
Un pressing troppo individuale;
Difficoltà della linea ad alzarsi e tamponare (l’unico che riesce è Juan Jesus per evidente esplosività);
Eccessivo scollamento tra il nostro centrocampo e i punteros specialmente nel primo tempo quando attuavano il loro giro palla sterile.

Dopo che le sue presenze erano coincise (per puro caso) con sconfitte, ieri la prestazione di Kovacic è stata fondamentale nell’economia del nostro successo.
Il gioiello croato ha preso in mano la squadra, ha controllato il nostro gioco, distribuendo la sfera con saggezza, precisione e personalità. E’ stato protagonista di alcune giocate da campione, aiutato, finalmente, da un movimento senza palla che gli consentisse di avere opzioni di passaggio.
I movimenti di Cambiasso in verticale o ad allargarsi sulla sinistra hanno aperto le maglie centrali della mediana inglese, consentendo a Cassano o a Guarin, a turno, di infilarsi nei buchi per aiutare lo sviluppo della manovra e mettere in difficoltà i 2 centrali difensivi ospiti.
Le abilità di Mateo più la prestazione da fermo ma decisiva di FantAntonio sono stati fattori determinanti per la buona prestazione interista, dando imprevedibilità e verticalità alla manovra, mix letale per gli inglesi e la loro incapacità di salire all’unisono con la linea.

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Una volta uscito Kovacic per crampi, la sua assenza si è palesemente avvertita. La sua prestazione ha dimostrato come a questa squadra sia terribilmente mancato un giocatore con quelle caratteristiche là in mezzo. Un playmaker capace di cucire gioco dispensando da questo onere molti generosi mestieranti dal piede uncinato.

Al di là di qualche sbavatura di troppo e qualche errore, sia di collettivo che individuale, nell’azione del goal di Adebayor, l’Inter ha disputato una gara d’altri tempi, una di quelle gare che sembravano scolpite nella pietra per quanto lontane, testimonianze di ricordi obliati.
Lo sforzo profuso in campo dai giocatori è ciò che ogni interista vorrebbe sempre vedere. E’ un motivo, se non IL MOTIVO, per cui noi (gente con qualche evidente problema di amor proprio), ha deliberatamente scelto di seguire la più pazza e bella delle donne.

Usciamo sconfitti più per demeriti nostri. La gara di ieri sera mi auguro sia un monito per la dirigenza. Quanto occorso deve essere interpretato nella maniera più corretta possibile, magari utilizzando il match e le emozioni riscoperte come molla per una nuova “stagione nerazzurra”, che sia foriera di emozioni al cardiopalma e di notti pazze e imprevedibili, come la nostra Inter.

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“E’ incredibile come una partita del genere risvegli ricordi ed emozioni sopite, rinchiuse dentro un cassetto colmo di pazzia.

E’ imperdonabile che la nostra anima, le nostre attitudini siano state violentate in questo modo. Io vivevo di queste Inter, mi inebriavo di queste prestazioni folli, anormali, pregne di una sana insania, mi davano forza vitale, alimentavano costantemente il mio tifo, senza mai provare stanchezza, senza mai assuefarmi. Quel cuore martellante nel petto, quelle grida lanciate alla tv, quegli abbracci furiosi e al tempo stesso colmi di amore e gioia, quelle imprecazioni, quelle ciabatte, quelle magliette tirate, quei giri di casa ignudi, quell’amore infinito e rigenerante.

Io amo queste Inter, vi prego, ridatecele!”

About Francesco Lo Fria

Nato a Palermo nel 1990, inizia fin da piccolo a seguire il calcio, nazionale e internazionale. Credente dell'Inter e tifoso/simpatizzante di molte squadre a livello mondiale viene affascinato fin da subito dalla preparazione tecnico-tattica delle partite e tutto ciò che sta al di là dei 90 minuti. Inizia, quindi, a studiare e documentarsi, ampliando le sue conoscenze calcistiche. Specializzato in particolar modo sulla fase offensiva e grande conoscitore di giocatori e giovani promesse, comincia a scrivere su qualche blog, sempre in ambiti ristretti, con qualche breve apparizione su blog più importanti. Il suo sogno è quello di poter condividere le sue capacità e conoscenze e poter parlare di questo fantastico sport che è il calcio, tanto meglio se di Inter nel tentativo di potersi ritagliare uno spazio e un lavoro.