Qual è il bene dell’Inter ?

 

Riconoscenza. Non si può pretender troppo dagli uomini. La riconoscenza dei beneficati non può arrivar fino al punto di perdonare ai benefattori.”

(Giovanni Papini, Il sacco dell’orco, 1933)

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THOHIR O NON THOHIR: questo è il dilemma. Il padre tra gli uomini più ricchi al mondo. Il fratello con il nome di un eroe del risorgimento. Il calcio nel sangue e l’Italia, forse, nel destino. Thohir non è tifoso dell’Inter. Non ancora almeno. Crede nel business. Vede l’Inter come tale: un investimento capace di produrre nel medio-lungo periodo un lucro. Forse solo un sogno. La solida certezza sono i soldi posti sul banco. Tanti. 260 milioni per l’80 % delle azioni. Quasi 300 per prendersi tutto il cucuzzaro.
Ma allora cosa frena Moratti?

I punti nevralgici della trattativa sono due: i debiti e la leadership. Il numero che fa impallidire i commercialisti delle due parti in commedia è il 350: a tanto ammonta il debito di gestione dell’Inter di cui settanta prodotti solo nell’esercizio corrente che si chiuderà il 30 di questo giugno. Nei desiderata morattiani di tale onere dovrebbe farsi carico in larga parte il giovane Leone indonesiano oltre alla somma, anch’essa rilevante, per convincere Massimo II a cedere l’amata creatura. Ad una rapida lettura è facile capire come la cifra conseguente sia assolutamente incompatibile con quelle riportate da autorevoli agenzie di stampa come il sole 24 ore. E rimangono comunque escluse altre due voci rilevanti dell’Inter che verrà: quella relativa alla costruzione del nuovo stadio e quella relativa alla campagna acquisti.

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MASSIMO E QUEL SOGNO IMPOSSIBILE: immettere nuova liquidità senza alterare lo status quo. Quando diversi mesi fa Moratti contattò Banca Lazard per porre rimedio agli indigesti mandarini cinesi il diktat era chiaro: reperire in tutto il mondo facoltosi soggetti disposti a rilevare quote minoritarie per consentire all’Inter di superare la difficoltosa congiuntura finanziaria e tecnica. Lazard è andata ben oltre le consegne. L’offerta di Thohir ha cambiato le regole di ingaggio segnando un punto di non ritorno anche per i futuri eventuali nuovi partner di Moratti: nessuno è disposto a investire un euro senza avere, come contropartita, il legittimo diritto ad avere voce in capitolo nella stanza dei bottoni nerazzurri. Questo punto rappresenta un autentico tabù per Massimo II. Che vuole continuare ad essere il dominus indiscusso e che teme, legittimamente, che Thohir possa sostituire, indipendentemente dai demeriti palesati nelle ultime tre stagioni, quel mangement che il Massimo nerazzurro a dispetto di Logica e Ragione ha riconfermato anche per la prossima stagione sportiva.

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IL BENE DELL’INTER: tra riconoscenza e futuro. Esistono parametri visibili e meno ad indicare come abbondantemente concluso il ciclo di Moratti II. Un profondo rosso finanziario a cui si è cercato di porre rimedio sfregiando selvaggiamente un parco giocatori di elite il cui progressivo ed inesorabile depauperamento ha prodotto gli sconquassi recenti a tutti ben noti: Inter fuori dalla Champions per il secondo anno di fila e fuori dalle coppe dopo 14 anni. Una squadra che nel 2010 si trovava ai vertici d’Europa e del mondo demolita sull’altare del miraggio del pareggio di bilancio e di quel Fair play finanziario a cui solo Moratti sembra credere.

Sullo sfondo della trattativa impazzano sui mezzi di comunicazione di massa le lotte intestine tra i fan di Massimo e quelli di Thohir. Il partito della riconoscenza che impatta quello del nuovo che avanza. L’eterna sfida tra sentimento e ragione che non riesce a trovare un punto di equilibrio. Ed è giusto così. Perché il compito di trovarlo spetta a colui che dei tifosi è il portabandiera e l’amministratore fiduciario di sogni e passioni: Moratti stesso. Che dovrà decidere se emancipare la sua figlia prediletta e più amata consentendole di aprirsi agli investimenti stranieri o di tenerla confinata nella dimensione di mestizia e grigiore che ha segnato le ultime tre annate. Una decisione non più procrastinabile. Perché la riconoscenza che il mondo interista gli deve incontra il limite del rispetto per quei tifosi, la maggioranza, che hanno sostenuto la squadra nella cattiva sorte limitando la legittima protesta ad un’accorata e civile richiesta di spiegazioni. Non possono bastare gli esoneri di Stramaccioni e di Rapetti. Urgono risposte chiare e decise. “Per il bene dell’Inter”.

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