Taxi? We need an ambulance!

 

E’ stata una disfatta, senza mezzi termini. Era ampiamente prevedibile alla vigilia, sia per le dichiarazioni in conferenza, sia per le nostre defezioni, per la nostra lista infarcita di giovani che non avrebbero mai giocato, sia per una società che ha fatto già capire da tempo quanto la priorità sia ragionevolmente il terzo posto e gli introiti da partecipazione Champions a esso legati.

Ciò che si fa fatica a capire sono le motivazioni alla base di un atteggiamento completamente diverso che, al solito, ha destato ragionevoli dubbi e portato alla luce evidenti contraddizioni. Perché dire di volersela giocare nei turni precedenti attribuendo importanza alla competizione per poi cambiare tono adesso? Perché sprecare così tante risorse ed energie per una manifestazione che a livello di introiti dà realmente poco, che ti impegna il giovedì sera spesso con difficoltà logistiche date dagli spostamenti quando l’obiettivo primario e imprescindibile è quello che si affronta nel fine settimana?

Nessuno saprà e darà mai una risposta a queste domande. Si sentirà dire che l’Europa League è comunque da onorare (scelta rispettabile), si dirà che non si poteva prevedere, ma in realtà sono tutte patetiche scuse.

Un  tifoso può permettersi di non prevedere, ma in una qualsiasi azienda di qualsiasi settore questi ragionamenti da “vivo alla giornata” non esistono.
Ero uno di quelli che preferivano abbandonare la competizione nel più breve tempo possibile, ma solamente per una questione prettamente pragmatica: l’Inter ha una rosa corta, inadeguata, ma al tempo stesso ha un obiettivo vitale, quei 30 milioni che trasformerebbero (così è se vi pare) il mercato estivo in un rifugio di speranze e promesse invece che un’altra lenta agonia nella discesa dei gironi infernali.

Così non è stato, ma quello che non va bene non è la ripassata londinese, non sono gli ennesimi errori tecnico-tattici, che nel prosieguo dell’articolo andremo ad analizzare, ma ciò che non è accettabile è l’arte della paraculaggine e della perpetrata presa in giro.

Io stesso avevo scritto ieri delle possibilità di vincere e non le rinnego, ma col senno di poi di fronte tutto ciò che ritengo di aver capito, le dichiarazioni del nostro tecnico (in evidente confusione da parecchie settimane e completamente devastato in volto) hanno confermato ciò che pensavo di lui, ovviamente in termini negativi.

1927974_w2

A White Hart Lane, ieri sera, è scesa una sola squadra in campo. Sono sicuro che il nostro buon Stramaccioni avesse studiato gli avversari, che avesse un’idea tattica similare a quella riportata anche su questo sito su come affrontare e mettere in difficoltà il Tottenham, ma alla resa dei conti questa non s’è vista, se non in una singola occasione nell’arco di 90 minuti (grazie Alvarez).

Al di là delle innumerevoli responsabilità non imputabili alla guida tecnica, delle poche carte a disposizione, è indubbio che la partita abbia mostrato diverse tare che purtroppo sono di esclusivo appannaggio dell’allenatore.

Siamo scesi molli in campo, come accaduto spesso nell’ultimo periodo, andando sotto in una situazione che abbiamo sofferto tanto in questa stagione: cross dalla sinistra (Zanetti sempre lontano 2 metri in marcatura), inserimento centrale di un centrocampista non seguito, o marcato a debita distanza, difesa posizionata malissimo con consegne dei ruoli approssimative, goal. (Cuchu 1.0).

1928139_w2

E neanche la seconda segnatura è qualcosa di totalmente nuovo alla nostra memoria, scambio sulla trequarti, movimento ad allargare di un uomo sulla corsia, cross, ennesima chiusura dello spazio senza che ci sia coordinazione di movimento tra difesa e centrocampo, solito uomo che si stacca, liberandosi inspiegabilmente dentro l’area di rigore, tiro, parata, respinta corta senza che nessun difensore abbia un minimo di reazione, goal.
Il terzo centro è talmente imbarazzante che lascio a ogni lettore la libertà di giudicarlo come meglio crede. (Cuchu 2.0)

1927968_w2

Probabilmente Stramaccioni l’aveva preparata nel modo che andremo a spiegare brevemente: in fase difensiva Kovacic doveva abbassarsi a turno a dare fastidio a Parker con Gargano a prendere Dembelé. Cambiasso, per le sue doti di intelligenza tattica e per la confidenza acquisita nell’aggiungersi alla linea difensiva, doveva prendere Bale o quantomeno limitarne il raggio d’azione una volta in possesso palla.

La loro maggiore forza fisica, le indubbie capacità nel giro palla e ritmi di ben altro sport rispetto ai nostri hanno fatto pendere la bilancia nettamente dalla loro parte (com’era ampiamente prevedibile) consentendo agli Spurs di dominare il centrocampo e farci girare perennemente a vuoto.

I nostri terzini dovevano tamponare i loro esterni del 4-2-3-1, i nostri esterni d’attacco i loro terzini, nelle più semplici delle consegne.

In fase di possesso l’idea poteva risultare adeguata: sfruttare Cassano come punta di raccordo per mettere nelle condizioni i 3 alle sue spalle di inserirsi e mettere in difficoltà la loro linea difensiva e la loro spasmodica ricerca del fuorigioco.
Ma ecco che qui sorge il primo punto di domanda: chi tra i 3 doveva ricercare la profondità e gli inserimenti in verticale? Pereira è un giocatore di fascia, con tempi di inserimento da terzino e nonostante questo era l’unico che per davvero potesse ricoprire, seppur alla carlona, questo ruolo e infatti s’è spesso trovato uomo più avanzato. Ma Alvarez e Kovacic sono giocatori che amano la palla tra i piedi, specie l’argentino, e qui salta il primo asino.

Ciò che è mancato, inoltre, sono state l’umiltà e l’intelligenza.

L’umiltà nel capire il momento e affrontare una partita anche peggiore esteticamente rispetto a quella giocata, e l’intelligenza di saper sfruttare le occasioni che era scontato ti avrebbero concesso gli inglesi.

Senza entrambe queste componenti per non so quale ricerca del gioco (nell’Inter non esiste alcun gioco del calcio) o per non interrompere chissà quale processo di crescita da questo punto di vista, la vittoria ha nettamente arriso agli uomini di Villas-Boas.

Il Tottenham ha fatto una gara normale, ha giocato in maniera semplice, pulita, pragmatica, ha sfruttato ciò che sapeva fare (vedi sempre articolo tattico precedente), mostrando gioco, identità, idee, coesione, voglia di vincere, tutte quelle componenti fondamentali nel gioco del calcio, a maggior ragione nel calcio moderno, che tanto sono assenti nell’Inter.

Soluzioni per l’immediato non ce ne sono. Qualsiasi speranza di cambiamento sarà rimandata alla sessione estiva nella speranza che venga raggiunto il vitale terzo posto, ossigeno per le nostre ambizioni di rinnovamento. Nel caso contrario prepariamoci a una società ulteriormente assente e contraddittoria, a un allenatore delegittimato in partenza che sarà costretto a lavorare col poverissimo materiale umano e tecnico a disposizione col vincolo di improbabili obiettivi da raggiungere, con gli “imprescindibili” ex campioni non sostituiti sempre in campo e con un mercato sempre più confinato nella pochezza della massima serie del Bel Paese pagando discreti giocatori per buoni.

In quest’ottica voglio vedere il bicchiere mezzo pieno, domani sarà peggio di oggi, ma migliore dell’indomani.

About Francesco Lo Fria

Nato a Palermo nel 1990, inizia fin da piccolo a seguire il calcio, nazionale e internazionale. Credente dell'Inter e tifoso/simpatizzante di molte squadre a livello mondiale viene affascinato fin da subito dalla preparazione tecnico-tattica delle partite e tutto ciò che sta al di là dei 90 minuti. Inizia, quindi, a studiare e documentarsi, ampliando le sue conoscenze calcistiche. Specializzato in particolar modo sulla fase offensiva e grande conoscitore di giocatori e giovani promesse, comincia a scrivere su qualche blog, sempre in ambiti ristretti, con qualche breve apparizione su blog più importanti. Il suo sogno è quello di poter condividere le sue capacità e conoscenze e poter parlare di questo fantastico sport che è il calcio, tanto meglio se di Inter nel tentativo di potersi ritagliare uno spazio e un lavoro.