Vivere o morire.

 

Mi scuseranno i lettori se sono un po’ brusco ma da qualche giorno mi ronza per la testa un pensiero che quasi difficilmente, da tifoso, lascerà spazio ad altre argomentazioni. Che dopo la stagione meravigliosa del Triplete, sarebbero caduti molti fegati juventini e milanisti non ci poteva piovere. Ma che avrebbero fatto altrettanto, anche tanti cervelli interisti, proprio non ce lo si aspettava (detto con assoluta franchezza). Oggi, una buona parte del tifoso nerazzurro vede l’Inter e vede contemporaneamente anche il presidente Massimo Moratti. Lui è l’Inter e l’Inter è lui. Due corpi in una sola anima. Per l’amor del cielo, ognuno libero di pensare e dire la propria quando e come meglio crede. Per quanto mi riguarda però, in questo dogma (per alcuni) io non ci trovo niente di più sbagliato.

L’Inter non era di Fraizzoli, non era di Pellegrini, non era nemmeno di Angelo Moratti, indimenticato papà dell’attuale presidente e “fondatore” della grande Inter herreriana, figuriamoci se può essere di Massimo. I remi in barca tirati la sera del 22 Maggio 2010 non appaiono inspiegabili, ci mancherebbe.

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Oggi il calcio è business, oggi un team di football è una società a tutti gli effetti. Se c’è crisi in ogni dove, il calcio non ne è certamente esente. Ci appaiono però meno decifrabili le motivazioni per cui Massimo Moratti insista e persista con questo autolesionismo che puntualmente ogni stagione, se si fa eccezione per le note liete di Palacio, Handanovic e Kovacic, ci regala, puntuale come un pendolo svizzero, un mercato opaco e low profile. Indecifrabili anche alla luce di ogni discorso pre stagionale che il Presidente ci propina sotto gli uffici della Saras; “Faremo una grande Inter, ci sarà mercato per tornare ai vertici” e chi più ne ha più ne metta.

Diciamocelo senza tanti fronzoli di facciata: Moratti non può più spendere per l’Inter. Per far solo mercato mediamente sufficiente è l’unico presidente in Italia (nel mondo??) che deve (s)vendere qualche big per avere quel minimo di cash utile per reinvestire. Da incubo. L’esatto contrario che fa, per esempio, un presidente come Lotito il quale non perde mai tempo per sbandierare un suo credo: “A me devono sempre convincere a vendere un giocatore. In caso contrario rimane tranquillamente alla Lazio.” Da applausi.

Dalla magica notte di Madrid fino ai giorni nostri, la FC Inter, per il buon Massimo è stata sempre un discount aperto a tutte le ore dove si prendono i migliori affari a prezzi stracciati. Thiago Motta (mai tanto rimpianto), Sneijder, Pandev, venghino signori, venghino, il negozio di Appiano è aperto, prezzi pazzi e partiam come razzi. PSG, Napoli e Galatasaray non smetteranno mai di inviarci, ogni santo anno, cartoline di ringraziamenti. Mentre noi rimarremo ancora a guardare.

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A meno che Moratti si redima e decida finalmente di far uscire il club da un torpore che dura ormai da troppo tempo. L’occasione è arrivata a suonare al campanello della Pinetina:

Eric Thohir, magnate indonesiano con un fatturato che fa leccare i baffi come ad un gatto dinnanzi ad una succulenta ciotola di bocconcini di carne. Idee e strategie subito dirette e vincenti: Si porterebbe sul groppone tutto il rosso dei conti delle ultime due sciagurate stagioni morattiane, poggerebbe sul piatto altri cento milioni per un mercato degno del marchio FC Inter e farebbe cadere molte teste prima che si insedino negli uffici della società (ogni riferimento a fatti e personaggi non è puramente casuale). Un calcio di rigore che sarà meglio non fallire. Il disastrato rendiconto del bilancio dell’Inter porta il club ad essere ad essere con i talloni fuori dal burrone del fallimento e con le punte dei piedi a reggerci sull’ultimo pezzetto di terra.

Ai Morattiani ferrei consiglio di non sottovalutare il passivo che puntualmente aumenta ogni stagione sui conti e che, quest’anno sarà ancora a salire, vista la defezione da ogni manifestazione europea, dopo 10 anni di matrimonio perfetto. Arabi e sceicchi non ce ne saranno fuori la porta di Via Durini, se si dà picche all’Indonesia. Stessa cosa per quanto riguarda gli altri club della massima serie italiana. La serie A ha perso fascino, style e le ferite di Calciopoli, doping e scommesse non sono ancora del tutto rimarginate ma soprattutto sono un vero freno a mano per qualsiasi riccone disposto a scommettere sul bel paese.

Vivere o morire. Al Sig. Moratti la scelta.

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